Psicologo e Psicoterapeuta
Practitioner EMDR


Dott. Alessandro Del Vita

Chi sono
Sono uno Psicologo e Psicoterapeuta practictioner EMDR (socio dell’associazione EmdrItalia) iscritto all'Albo degli Psicologi della regione Toscana n. 301. Esercito la libera professione negli studi di Borgo San Lorenzo e Firenze.

Ho un'esperienza di lavoro trentennale come Psicoterapeuta . La mia formazione professionale ha avuto successive integrazioni aggiungendo alla originale formazione psicodinamica (Psicologia Analitica), la specializzazione in Psicoterapia Cognitivo- Comportamentale, l' apprendimento della Psicoterapia Sensomotoria e della Mindfulness ed infine la formazione nella psicoterapia EMDR , che è divenuta il mio modus operandi fondamentale integrando tutte le precedenti conoscenze. Le componenti determinanti dell’ approccio sono la Teoria della Elaborazione Adattiva dell’Informazione (AIP) e le procedure, gli strumenti e gli stimoli che favoriscono l’attivazione delle fisiologiche capacità autoriparative del cervello per fronteggiare il disturbo psicologico. Altrettanto fondamentale è il riferimento privilegiato e costante agli studi neurobiologici e neurofisiologici sul cervello che, da ormai un ventennio, stanno portando conoscenze sempre più approfondite sul suo funzionamento, su cosa succede nelle psicopatologie e sui processi di guarigione. Questo Ha permesso di radicare la psicoterapia a solide basi scientifiche: integrando , validando ed eventualmente ridefinendo la pratica clinica ed eliminando ciò che non è efficace. Le caratteristiche di questo approccio consentono inoltre di utilizzare in modo integrato le conoscenze che provengono dai vari orientamenti psicoterapici (terapie psicodinamiche, cognitivo-comportamentali, sistemico-relazionali, le terapie basate sulla Mindfulness e terapie centrate sul corpo) e dai Modelli ed elaborazioni teoriche . Tra queste ultime sono nel mio quadro di riferimento la Teoria dell’Attaccamento di Bowlby ed i suoi sviluppi (M. Ainswhort, M. Main, G. Liotti), la Psicologia Evoluzionista e i Sistemi Motivazionali Interpersonali, la Neuroscienza Affettiva di J. Panksepp, il modello delle funzioni Metacognitive di Semerari e la funzione riflessiva/mentalizzazione di P. Fonagy, La Teoria della Dissociazione Strutturale di O. Van Der Hart, La teoria Polivagale di S.Porges).

Faccio inoltre da molti anni Supervisione psicologica a gruppi di lavoro in ambito socio- sanitario e nei servizi per l’integrazione.
Il problema/disturbo portato dal paziente viene attentamente valutato e concettualizzato per consentire di arrivare ad una diagnosi e a una chiara e condivisa comprensione delle cause del malessere sulla cui base sono proposti e concordati con il paziente gli interventi necessari per affrontarlo (modalità, strumenti ed i tempi).
Cosa tratto
Nell′attività, rivolta alla persona, alla coppia, alla famiglia, all'adolescente e al bambino ho trattato:
  • Disturbi d'ansia: fobie specifiche, ansia sociale, attacchi di panico, ansia da separazione.
  • Disturbo da ansia di malattia.
  • Disturbi dell′umore.
  • Disturbi di personalità.
  • Disturbi correlati a trauma e stress.
  • Disturbi dissociativi.
  • Disturbi ossessivo-compulsivi e disturbi di dismorfismo corporeo.
  • Disturbi dell′alimentazione: anoressia, bulimia.
  • Disturbi psicologici delle funzioni sessuali.
  • Disturbi dell’apprendimento.
Ambiti di intervento
Psicoterapia individuale
Psicoterapia di coppia
Supervisione psicologica di equipe di operatori sociali e sanitari
Le cause del malessere psicologico e cosa la psicoterapia può fare per guarirlo
Tutti noi, per il semplice fatto di vivere, siamo esposti all’eventualità di avere esperienze avverse e stressanti che possono produrre traumi psicologi (ferite della mente).
Alcune ferite provengono da eventi che hanno minacciato la nostra incolumità fisica, come calamità naturali , incidenti, aggressioni, stupri, omicidi o suicidi di persone care o diagnosi di malattie gravi. Altre sono ferite dell’identità, derivate da umiliazioni, abbandoni, rifiuti, critiche, paure, trascuratezza e maltrattamenti di vario tipo, che in molti casi sono avvenuti nelle relazioni con le figure originarie di attaccamento. In alcuni casi può trattarsi di esperienze che la persona può ritenere poco rilevanti ma che hanno assunto un peso soprattutto se ripetute nel tempo o subite in momenti di particolare vulnerabilità, come nell’infanzia.
Per guarire, il nostro cervello mette in campo le proprie risorse. Così come siamo dotati di un sistema immunitario che provvede a riparare le ferite del corpo, vi è anche un naturale e adattivo sistema di riparazione delle ferite emotive/cognitive che unito alle risorse relazionali, permette di riparare e digerire le ferite e recuperare un nuovo equilibrio. Gli eventi avversi non vengono cancellati ma rielaborati in modo adattivo, consentendoci di andare avanti con nuove conoscenze che ci permetteranno di affrontare meglio le difficoltà e l’esperienza passata è archiviata lasciandoci delle conoscenze adattive/utili per il presente ed il futuro.
Il sistema naturale di autoriparazione può però non farcela in questo compito per varie determinanti (come età, carenza di risorse relazionali e ambientali, esperienze di attaccamento disturbanti, caratteristiche biologiche). Le ferite non vengono risolte e lasciano il segno producendo una sofferenza che continua a manifestarsi nel corso del tempo attraverso pensieri, atteggiamenti, stati della mente, emozioni disregolate, disturbi corporei, modalità relazionali problematiche che non riusciamo a superare, sviluppando disturbi psicopatologici. Quello che è successo è che l’elaborazione delle esperienze avverse non è avvenuto in modo fisiologicamente corretto e queste sono rimaste imprigionate in reti di memoria che conservano nel tempo le informazioni negative e dolorose dell’ esperienza originaria (cognizioni negative di sé, emozioni fuori controllo, sensazioni corporee ) che continuano a farsi sentire attraverso i sintomi attuali e i comportamenti disfunzionali messi in atto per fronteggiarle.
Quando la persona arriva in psicoterapia con i suoi problemi, i suoi sintomi di cui spesso ignora la natura, per prima cosa è necessario indagare il disturbo per capirne la funzione e il significato e cercare nella sua storia gli eventi/esperienze che hanno contribuito a sviluppare ciò che ora lo disturba, stabilendo ponti tra i sintomi attuali e le esperienze che li hanno originati, in modo di ottenere un quadro chiaro e condiviso dei meccanismi che producono e mantengono il malessere della persona. Su tale base è possibile avviare il processo di guarigione riattivando e stimolando i processi di elaborazione adattiva del cervello che permettono di liberare le informazioni traumatiche e disadattive dalle reti di memoria dove erano rimaste imprigionate ( aree emotive sottocorticali del cervello) e portarle ad una risoluzione adattiva (che corrisponde al loro trasferimento in aree corticali associative, dove rimarranno immagazzinate come informazioni utili per la vita della persona).
Una volta che è stato “ripulito” tutto ciò che sosteneva il disturbo è possibile affrontare il proprio presente in nuovo modo, dotandosi degli strumenti, delle abilità e delle risorse eventualmente necessarie e programmare il futuro.
EMDR
L’ Eye Movement Desensitization and Reprocessing (E.M.D.R.) è un approccio psicoterapeutico che facilita la risoluzione dei sintomi e del disagio emotivo legati a esperienze di vita traumatiche o a esperienze più comuni, ma emotivamente stressanti. Gli aspetti notevoli dell’EMDR sono la rapidità di intervento, la sua efficacia e la sua possibilità di applicazione a persone di qualunque età, compresi i bambini.
Scoperto nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro, è stato utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici dei reduci della guerra in Vietnam, allargando successivamente il suo campo di applicazione ad un’ampia gamma di disturbi clinici. La continua evoluzione dell’EMDR da semplice tecnica a metodologia psicoterapeutica complessa si basa in larga parte sulla ricerca empirica e sull’osservazione clinica. Questo approccio ha infatti ricevuto negli anni abbondanti supporti clinici coinvolgendo psicoterapeuti e ricercatori della salute mentale e neurofisiologi, che hanno portato ad estendere l’ applicazione dell’EMDR a tutte le psicopatologie che hanno come natura memorie disfunzionali e disturbanti.
L’EMDR è inoltre un approccio che integra le conoscenze che provengono dai vari orientamenti psicoterapici (psicodinamici, cognitivo-comportamentali e sistemico relazionali) e le arricchisce e vivifica attraverso il rapporto costante con la scienza e la ricerca.
L’obiettivo del trattamento EMDR è la rielaborazione delle memorie patogene, metabolizzando i residui disfunzionali che provengono da esperienze avverse del passato e cambiandone la forma e il significato. La persona impara a riconoscere gli elementi necessari ed utili della propria esperienza passata, che viene re-immagazzinata in memoria in forma adattiva, sana e non più stressante. La terapia EMDR ha una metodologia complessa e articolata che si avvale di molte componenti tra cui le stimolazioni bilaterali (principalmente movimenti oculari) che danno il nome alla terapia.
L’EMDR ha come base teorica il modello dell’Elaborazione Adattiva dell’Informazione (AIP) che fu sviluppato per spiegare la rapidità con la quale vengono raggiunti risultati clinici con l’EMDR. Il modello postula l’esistenza nel nostro cervello di un Sistema Innato di Elaborazione delle Informazioni e il fatto che le psicopatologie si sviluppino a causa di un blocco o disfunzionamento di questo meccanismo. Perciò se si accede al ricordo patogeno e si attiva il sistema, l’informazione viene portata ad una risoluzione adattiva, come si ritiene che avvenga in una seduta di EMDR.
Il modello è rivolto alla maggior parte delle patologie causate da esperienze di vita avverse, in particolar modo quelle in età evolutiva, che hanno attivato un insieme di emozioni, comportamenti, cognizioni e strutture di identità che persistono nel tempo, la cui struttura patologica è insita nell’informazione statica non sufficientemente elaborata, immagazzinata e non più modificata dall’epoca in cui si è verificato l evento.

L’EMDR è il trattamento evidence-based per il DSPT (Disturbo da Stress Post Traumatico), validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma. E’ approvato, tra gli altri, dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010), dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013 e dal nostro Ministero della salute nel 2003. Negli ultimi 20 anni ci sono stati più studi e ricerche scientifiche sull’EMDR che su qualsiasi altro metodo usato per il trattamento del trauma e per gli effetti psicopatologici di esperienze/eventi stressanti che hanno danneggiato il senso di sé di una persona.
I risultati di questi lavori hanno portato questo metodo terapeutico ad aprire una nuova dimensione nella psicoterapia. In particolare, un filone di studi neurofisiologici randomizzati controllati condotti su pazienti e documentati sulle principali pubblicazioni scientifiche ha iniziato a chiarire quali siano le basi neurobiologiche e i meccanismi d’azione dell’EMDR, studi che trovano nel neuroscienziato Marco Pagani del CNR di Roma un esponente di punta (M. Pagani et al. 2007,2011,2012, 2013, 2015, 2019).
I dati e i risultati degli studi con neuroimmagini durante e dopo le sedute EMDR correlati con gli studi sulla fisiologia e patofisiologia della memoria e del sonno stanno facendo emergere i dati più interessanti. Si è rilevato che durante le sessioni di EMDR la traccia della memoria patologica rimasta confinata nelle aree limbiche del cervello (regioni sottocorticali dove sono trattenute le memorie con carica emotiva), viene depotenziata tramite la stimolazione bilaterale che riproduce ripetutamente le condizioni neurofisiologiche favorevoli per il suo trasferimento alla neocorteccia, condizioni che appaiono simili a quelle del sonno ad onde lente (N-REM) dove naturalmente questo avviene. La memoria trasferita viene poi integrata nelle aree della neocorteccia associativa, come avviene nel sonno Rem dove l’informazione viene consolidata, producendo un apprendimento adattivo dell’evento (formazione di memoria non patologica).
Altri aspetti si pensa concorrano alla spiegazione del funzionamento dell’EMDR. E’ stato evidenziato che i movimenti oculari producono nella persona una risposta di orientamento che interferirebbe con l’attivazione neurofisiologica automatica prodotta dal ricordo patogeno, favorendone la rielaborazione. Un′altra spiegazione si concentra sul fatto che nella procedura EMDR si richiede alla persona di porre contemporaneamente l’attenzione sul ricordo disturbante e sulla stimolazione bilaterale, producendo una competizione tra i due compiti attentivi che, data la limitata capacità della memoria di lavoro, contribuirebbe a diminuire l’intensità e la vividezza della memoria patogena, facilitandone il processo di rielaborazione.

La seduta EMDR si focalizza sui ricordi dell’esperienza/e traumatiche, che hanno contribuito a sviluppare la patologia o il disagio manifestati dalla persona che richiede l’intervento psicoterapeutico. A tal fine viene raccolta la storia del paziente e vengono identificati gli eventi che hanno contribuito a sviluppare il problema attuale che saranno gli oggetti della rielaborazione. Vengono inoltre identificate e rafforzate le risorse del paziente e introdotti strumenti di stabilizzazione emotiva. La rielaborazione di un ricordo patogeno può richiedere una o più sedute, al termine delle quali il ricordo risulta sostanzialmente modificato, il paziente ricorda ancora l’evento ma adesso fa parte del passato ed è integrato in una prospettiva adulta, non è più disturbante e ha prodotto delle nuove informazioni utili per affrontare in modo adattivo il presente.

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